domenica 27 giugno 2010

"l'astensione obbligatoria dopo il parto è un privilegio", una maestra risponde alla Ministra Gelmini

Gentile Ministro Gelmini,
l’altro giorno, leggendo la sua intervista sul Corriere della Sera, in cui dichiarava che l’ASTENSIONE OBBLIGATORIA DOPO IL PARTO è un privilegio, sono rimasta basita.
Per capire che Lei di educazione ne capisse poco, non era necessaria la laurea in pedagogia, che io possiedo e Lei no, o i tre corsi post laurea, che io possiedo e Lei no, visto quello che sta combinando alla scuola statale.
Ma almeno speravo avesse competenze giuridiche, essendo Lei avvocato ed io no.
Certo, dato che Lei, ora paladina della regionalizzazione, si è abilitata in “zona franca” (quel di Reggio Calabria) perché più facile (come da Lei con un’ingenuità e candore imbarazzante affermato), lo si poteva supporre.
E allora, prima le faccio una piccola lezione di diritto, e poi parliamo d’educazione.
L’astensione dopo il parto, sulla quale Lei oggi con tanta leggerezza motteggia, è definita OBBLIGATORIA ed è un diritto inalienabile previsto da quelle leggi per cui donne molto più in gamba di Lei e di me hanno combattuto strenuamente, a tutela delle lavoratrici madri.
Discorso diverso è il congedo parentale, di cui si può fruire, dopo i tre mesi di vita del bambino, per un totale di 180 giorni, solo in parte retribuiti integralmente.
Ovviamente per persone come Lei, con un reddito di oltre 150.000 euro l’anno, pari quasi a quello del governatore della California Arnold Schwarzenegger, discutere di retribuzione in questo caso più che un privilegio è un’eresia.
Ovviamente Lei non può immaginare, perché può permettersi tate, tatine, nido “aziendale” al ministero, ma LA GENTE NORMALE, che Lei dice di comprendere, ha a che fare con file d’attesa interminabili per nidi insufficienti e costi per babysitter superiori a quelli della propria retribuzione.
Voglio dirle una cosa però, consapevole che le mie affermazioni susciteranno più clamore delle sue, DA PEDAGOGISTA E DA ESPERTA, affermo che fruire dell’astensione OBBLIGATORIA oltre che un DIRITTO è anche un DOVERE, prima di tutto morale e poi anche sociale.
Come vede ho più volte sottolineato la parola OBBLIGATORIA, che già di per sè dovrebbe suggerirle qualcosa. Ma preferisco spiegarmi meglio, anche se è necessaria una piccola premessa doverosa.
Lei, come tante donne, crede che l’essere madre, anche se nel suo caso da pochi giorni, Le dia la competenza per parlare e pontificare su educazione e sviluppo del bambino, ai quali grandi studiosi hanno dedicato anni e anni di studio.
In realtà, per dibattere sulla pedagogia, oggi chiamata più propriamente SCIENZE DELL’EDUCAZIONE, bisogna avere competenze specifiche, che dalle sue dichiarazione Lei non sembra possedere.
Le potrei parlare della teoria sull’attaccamento di Bowlby, dell’imprinting, e di etologia, ma non voglio confonderle le idee e quindi ricorro ad esempi più accessibili. Basta guardare il regno animale per rendersi conto come le femmine di tutte le speci non si allontanano dai cuccioli e dedicano loro attenzione massima e cura FINO ALLO SVEZZAMENTO.
Non è una legge specifica relativa agli umani, ma della natura tutta.
Procreare, infatti, implica delle responsabilità precise, è una scelta di vita, CHE SE CAMBIA IL COMPORTAMENTO ANIMALE, A MAGGIOR RAGIONE CAMBIA LA VITA DI UNA DONNA.
Sbaglia chi crede che l’arrivo di un figlio, non comporti cambiamenti nella propria vita.
Un bambino non chiede di nascere, fare un figlio non è un capriccio da togliersi, ma una scelta di servizio, di dono di se stessi e anche del proprio tempo.
Non sono i figli che devono inserirsi nella nostra vita, siamo noi che dobbiamo cambiarla per renderla a loro misura. Se non facciamo questo, potremmo fare crescere bambini soli, senza autostima e con poca sicurezza di sé.
Bambini affamati di attenzioni, perché non gliene è stata data abbastanza nel momento in cui ne avevano massimo bisogno, cioè i primi mesi di vita.
L’idea che non capiscono niente, che non percepiscono la differenza ad esempio tra un seno materna e un biberon della tata, è solo nostra.
Ciò non vuol certo dire che tutti bambini allattati artificialmente o che tutti bambini con genitori che tornano subito a lavoro, saranno dei disadattati.
Ma bisogna fare del nostro meglio per farli crescere bene, come quando in gravidanza assumevamo l’acido folico, per prevenire la “spina bifida”.
I bambini hanno nette percezioni, già nel grembo materno.
L’idea, che se piangono non si devono prendere in braccio “perché si abituano alle braccia”, è un luogo comune.
Le “abitudini” arrivano dopo i 6 mesi, fino ad allora è tutto amore.
Non è un caso che studi recenti, riabilitano il cosleeping, (dormire nel lettone) e i migliori pediatri sostengono la scelta dell’allattamento a richiesta. Il volere educare i bambini inquadrandoli come soldati, già dai primi giorni di vita, non solo é antisociale, perché una generazione cresciuta senza il rispetto dei suoi ritmi di crescita può essere inevitabilmente compromessa, ma è un comportamento al di fuori delle più elementari regole umane e naturali.
Poi è anche vero che per molte donne, tornare a lavorare subito dopo il parto sia una necessità assoluta.
Ma per questo problema dovrebbe intervenire adeguatamente lo Stato e non certo con affermazioni come le sue.
Mi rendo conto che il suo lavoro le permette di lasciare la bambina, rilasciare interviste di questo tipo (di cui noi non sentivamo la necessità) e tornare con comodo da sua figlia.
Ma ci sono lavori che richiedono tempi e una fatica fisica e mentale che Lei non conosce.
Tempo che sarebbe inevitabilmente tolto ad un neonato che ha bisogno di una mamma “fresca”, che gli dedichi la massima attenzione.
Noi donne infatti, se spesso per necessità ci comportiamo come Wonder Woman, poi siamo colpite da sindrome di sovraffaticamento.
E non è vero che è importante la qualità e non la quantità: – perché la qualità del tempo di una mamma da pochi giorni, che rientra nel tritacarne della routine quotidiana, aggiungendo il carico della gestione di un neonato, può essere compromessa. – perché un bambino non dovrebbe scegliere tra qualità e quantità, almeno nei primi mesi, dovrebbe disporre di entrambe le cose.
Per non parlare poi del fatto, che se un genitore non può  permettersi qualcuno che tenga il bambino nella propria casa, nel corso degli spostamenti, lo espone, con un bagaglio immunologico ancora carente, alle intemperie o alle inevitabili possibilità di contagio presenti in un nido.
Infatti, è scientificamente provato che i bambini, che vanno al nido troppo presto, o che non vengono allattati al seno, sono più soggetti ad ammalarsi, con danno economico sia per le famiglie che per il sistema sanitario.
Poi per carità, si può obiettare, che ci sono bambini che si ammalano anche in casa, o come succede anche ai bambini allattati al seno, ma è come dire ad un medico, che giacché si è avuto un nonno fumatore campato 100 anni, non è vero che il fumo fa male.
Bisogna dunque incentivare i comportamenti da genitore virtuoso, anche con la consapevolezza che i bambini non sono funzioni matematiche, ma si può fare molto, per favorire una crescita armoniosa, già dalla prima infanzia, se non addirittura durante la gravidanza.
E allora le domando Ministro, di svolgere il suo ruolo importante istituzionale con maggiore serietà, cercando di evitare affermazioni fuori luogo come questa, o come quella secondo cui “studiare non è poi così importante”,  prendendo Renzo Bossi come esempio.
Si dovrebbe impegnare di più nell’analisi dei problemi, per evitare valutazioni errate e posizioni dannose per lei, per gli altri e per il paese.
Perché forse qualcuno potrebbe aver pensato che tutto sommato il suo era un ministero poco importante, che se  guidato da un giovane ministro senza competenze specifiche, “non poteva arrecare grossi danni”, soprattutto obbedendo ciecamente ai dettami del Tesoro, ma Lei con la sua presunzione di voler parlare di cose che non conosce, sta contribuendo a minare il futuro di un’intera generazione.
Un’ultima cosa, Lei che di privilegi se ne intende bene, essendo un politico, la usi con maggiore pudore questa parola.

05-05-10
Rosalinda Gianguzzi
Insegnante precaria della Scuola Primaria siciliana.
Mamma e docente per vocazione, scrittrice per diletto

domenica 20 giugno 2010

GRAZIE A TUTTE E TUTTI PER LA SPLENDIDA GIORNATA!!

Oggi, 19 giugno, è un giorno importante: Torino ha voluto dare un segnale forte con una grande manifestazione politica unitaria.

Ribadiamo con forza al Presidente della Regione Cota e più in generale a questo Governo, che sembrano aver dimenticato la cultura dei diritti, che le loro minacce non si levano nell’indifferenza.
In questa giornata di lotta e di festa siamo tantissimi e tantissime, un fiume di persone che nelle loro diversità si riconoscono nella comune volontà di difendere le libertà.
Continuiamo ad affermare che valori quali l’autodeterminazione, la laicità, l’antirazzismo e l’antifascismo non sono sacrificabili per l’interesse del potere politico, ecclesiastico o economico che sia.
E’ per la salvaguardia di questi valori che oggi siamo scese in piazza, in un’unione tra donne che va al di là dei confini generazionali, al di la dell’orientamento sessuale e della provenienza geografica.
L’attacco sistematico alla libertà delle donne di abortire e di scegliere il metodo che ritengono più adeguato si inserisce pienamente in un panorama di accerchiamento politico sempre più insistente che va dai luoghi di lavoro alle camere di ospedale e che colpisce tutte e tutti.
Le donne vengono dipinte come 'irresponsabili e abortire diventa una colpa da espiare con dolore.
Non è vero che le donne prendano alla leggera la decisione di abortire. Non è vero che la RU 486 è una scorciatoia, è solo un metodo meno invasivo.
Non capiamo come Cota e i suoi colleghi abbiano la spudoratezza di puntare il dito verso le donne in nome della vita e della famiglia quando attuano politiche sociali distruttive:
favoriscono il precariato, approvano contratti in cui si diminuiscono i permessi familiari, mirano a smantellare e privatizzare il servizio sanitario fino a negare il diritto alla salute ai migranti.
La libertà non può restare una bella parola solo sulla carta.
Vogliamo che nell'accesso al lavoro l'essere donna non sia un fattore discriminante e che la smania di ricchezza di pochi non ci obblighi a vivere un'esistenza precaria e incerta.
Vogliamo che l'università torni a svolgere il suo ruolo sociale e che sia un luogo di libera ricerca e non un luogo di sfruttamento in cui la ricercatrici precarie non hanno neanche diritto alla maternità.
Essere precari oggi significa vedere negato il proprio diritto alla scelta, all'autonomia, alla libertà
Essere donne precarie significa essere ricattabili, non avere nessun tipo di tutela.
Essere donne precarie significa portare sulle proprie spalle il peso di una maternità ad alta velocità.
Quella maternità tanto santificata e difesa dal mondo politico ed ecclesiastico è in realtà un lusso che non tutte ci possiamo permettere.
Come possiamo essere libere?? Come possiamo scegliere liberamente di essere madri se c’è un governo che permette ai datori di lavoro di imporci di firmare dimissioni in bianco ?
Vogliamo che le famiglie siano davvero tutelate e che le libere unioni di persone che si amano abbiano i mezzi per poterle creare, indipendentemente dall’orientamento sessuale, dalle condizioni economiche e dal lavoro che svolgono.

Siamo qui oggi per rivendicare con forza la libertà di scelta sul nostro corpo, sulla nostra vita e sul nostro futuro e continueremo tutti e tutte, insieme, nei prossimi mesi ed anni a difendere i diritti già conquistati e a lottare per quelli che ancora non ci sono riconosciuti.

venerdì 18 giugno 2010

LIBERE DI FATTO

Viviamo nel Paese della libertà, dove tutto è possibile, dove ogni comportamento è lecito. I nostri sogni sono sempre realizzabili e qualunque lavoro accessibile. I retaggi della cultura patriarcale sono ormai in soffitta. L'evoluzione dei costumi ha portato ad una libera sessualità. Le donne possono lavorare ed essere a capo di ministeri e di Confindustria. L'omosessualità non è più una malattia contagiosa. Siamo nella società del benessere, dove tutto può essere comprato e raggiunto. E gli episodi di omofobia e sessismo sono sporadici atti di bullismo che l'opposizione cavalca per strumentalizzare l'informazione a danno della santa maggioranza.
...o così sembra...
Eppure viviamo in un Paese dove precariato è sinonimo di lavoro, dove lo Stato non è garante dell'uguaglianza sociale, dove l'omosessualità è sopportata a fatica, dove le aggressioni non sono impedite ma sottovalutate, dove l'aborto viene ancora considerato una colpa da espiare col dolore.
Possiamo davvero dirci libere e liberi di scegliere?
Per poter essere veramente libere e liberi abbiamo bisogno che le istituzioni non si pongano come primo ostacolo tra noi e i nostri diritti.
In Italia ancora oggi non esiste la possibilità di sposarsi per persone dello stesso sesso e nemmeno un riconoscimento delle coppie di fatto, persone che da anni condividono un percorso di vita e sono a tutti gli effetti una famiglia. Nella nostra Regione il neo eletto Cota ha dichiarato di voler boicottare in ogni modo l'utilizzo della RU 486 e nel resto del Paese il panorama non è migliore: continuano ad innalzarsi nuove barriere tra le donne e il loro diritto di scegliere sul proprio corpo.
Ma, se anche le coppie di fatto fossero riconosciute, se persone dello stesso sesso potessero sposarsi, se l'aborto, la maternità e l'autodeterminazione fossero giuridicamente garantiti e non più condizionati da una politica prona di fronte al Vaticano, tutto ciò non basterebbe.
La libertà non può restare una bella parola sulla carta, né la promessa mai mantenuta del partito di maggioranza. Perché la parola libertà riacquisti il suo senso è necessario che sia presente nelle vite di tutte e tutti noi, lo Stato deve essere il custode dei diritti non il primo a violarli.
Vogliamo che nell'accesso al lavoro l'essere donna non sia un fattore discriminante e che la smania di ricchezza di pochi non ci obblighi a vivere un'esistenza precaria e incerta. Vogliamo che l'università torni a svolgere il suo ruolo sociale e che sia un luogo di libera ricerca e non un luogo di sfruttamento in cui la ricercatrici precarie non hanno neanche diritto alla maternità. Crediamo che la maternità non debba essere vissuta come un evento pregiudizievole per il mantenimento del posto di lavoro ma come un momento che ognuna di noi deve poter vivere serenamente.
Non capiamo come Cota e i suoi colleghi di maggioranza abbiano la spudoratezza di dirsi pro vita, famiglia e libertà quando attuano politiche sociali distruttive, sostengono il precariato, approvano contratti in cui si diminuiscono i permessi familiari, tolgono il tempo pieno, boicottano la RU486, favoriscono l'obiezione di coscienza di medici e farmacisti, smantellano e privatizzano il servizio sanitario e arrivano addirittura a negare il diritto alla salute ai migranti.
Chiediamo che la famiglia sia davvero tutelata e ciò sarà possibile solo se tutte le libere unioni di persone che si amano potranno condividere un percorso comune senza ostacoli. Vogliamo che tutti e tutte abbiano i mezzi per poterla creare come desiderano, indipendentemente dall'orientamento sessuale, dalle condizioni economiche e dal lavoro che svolgono.
Esigiamo che la vita non sia più messa in discussione. Difendiamo la vita di tutte quelle donne che morivano e muoiono tutti i giorni di aborto clandestino, la vita delle donne e degli uomini migranti che non possono curarsi per la paura di venire denunciati che devono avere libero accesso alle strutture sanitarie, la vita di chi in un futuro poterebbe non permettersi le cure in un sistema sanitario privatizzato.
Oggi, 19 giugno, è la prima tappa di un percorso che riunisce donne, migranti e associazioni LGBTQ nel comune interesse per la salvaguardia dei valori di laicità, autodeterminazione, antirazzismo e antifascismo.
Collettivo AlterEva

sabato 12 giugno 2010

DONNA SAPIENS

 

 MARTEDì 15 GIUGNO, ORE 15, PALAZZO NUOVO (VIA SANT'OTTAVIO 20)
presentazione del libro
DONNA SAPIENS
la Preistoria e la Storia viste con l'emisfero destro 
di Cristina Légivich (2010, Ed. Fermento)

L’avidità e l’ambizione di pochi, la schiavitù, le guerre e gli stupri di molti hanno sempre veramente fatto parte del nostro essere umani? I libri scolastici raccontano davvero la verità su noi stessi, sulle tappe e sugli eventuali errori del lungo cammino che chiamiamo Preistoria e Storia?
Come è avvenuto il complesso passaggio da un’unica Dea ad un unico Dio, da un cacciatore di animali ad un cacciatore di uomini, da una figlia dell’unica Dea alla grande esclusa della Storia, la donna di ieri e di oggi. Ricordando l’archeologa e mitografa Marija Gimbutas.

Seguirà dibattito con presente l’autrice.
 a cura delle Donne di Torino per l'Autodeterminazione
Collettivo AlterEva

giovedì 10 giugno 2010

SETTIMANA ALTEREVIANA....ASPETTANDO IL 19 GIUGNO!!

VENERDì 11 ORE 20:00 PARCO DEL VALENTINO
SANGRIA PARTY
autofinanziamento per il 19
....rebel with a cause!


MARTEDì 15 ORE 15 DAVANTI PALAZZO NUOVO

Presentazione del libro
DONNA SAPIENS

La Preistoria e la Storia viste con l’emisfero destro

di Cristina Légovich
(con dibattito , sarà presente l'autrice!!)

martedì 8 giugno 2010

SANGRIA PARTY!!!

VENERDì 13 GIUGNO ore 20
PARCO DEL VALENTINO(ZONA FONTANE)

Il Collettivo AlterEva vi invita a una serata tutta sangria in vista della manifestazione del 19 giugno "i diritti sono il nostro pride"!
Vi aspettiamo!

giovedì 3 giugno 2010

RU486 LIBERE DI SCEGLIERE





Apri gli occhi! Un video e una campagna informativa e controinformativa delle Donne di Torino per l'autodeterminazione. Perché ogni donna deve poter scegliere liberamente.

Presidio 5 giugno: AUTODETERMINAZIONE CONTRO L'OBIEZIONE!

Sabato 5 giugno presso la sede della Facoltà di Teologia, è stato organizzato un presidio in occasione della conferenza "Obiezione di coscienza in sanità: etica, deontologia e diritto", con il patrocinio della facoltà di Medicina, Università degli Studi di Torino, la partecipazione dell´Ordine dei Farmacisti di Torino e la lectio magistralis, tra gli altri relatori, di Carlo Casini, presidente e fondatore del Movimento per la Vita, associazione cattolica integralista anti-abortista.

Questo convegno è direttamente collegato al famigerato patto per la vita portato avanti dal presidente della regione Cota e ai due disegni di legge che sono stati presentati il 5 e il 12 maggio sull'obiezzione di coscienza per i farmacisti, uno sui contraccettivi di emergenza (cioè la pillola del giorno dopo)e l'altro più generico sull'obiezione in generale!

APPUNTAMENTO SABATO 5 GIUGNO ORE 8,30 IN VIA XX SETTEBRE 83